Tinariwen – I venti del deserto avvolgono Carroponte

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I venti del deserto accarezzano e avvolgono il pubblico del Carroponte a Milano con la musica di Tinariwen

28 luglio, Carroponte, Milano

Onde sonore si muovono dall’Africa agli Stati Uniti, per tornare nel continente nero in un volo di andata, ritorno e ancora andata…e ancora ritorno. Il blues sfiora l’ultimo lavoro dei Tinariwen, Emmar, e assume i tratti della psichedelia e l’ariosità dei deserti americani. Quel blues, nato proprio dalla cultura africana, viene trasformato nelle intenzioni e nelle sonorità dalla band, sino a diventare tagliente eco di chitarre elettriche e tornare alle radici dei ritmi e dei canti tuareg.

I Tinariwen salgono sul palco del Carroponte, che li accoglie con un pubblico numeroso e affezionato, indossando i loro costumi tradizionali. I veli avvolgono il capo e svelano le labbra solamente ad Abdallah Ag Alhousseyni, leader della band da quando il fondatore Ibrahim Ag Alhabib ha deciso di prendere una pausa dal progetto. Dietro il velo intonano un lento e onirico canto africano. Introducono il concerto e preparano gli spiriti all’ascolto e alla partecipazione.

The desert is a place of hardship and subtle beauty, a stark world that reveals its secrets slowly and carefully.

Composti, i musicisti imbracciano sopra le lunghe tuniche le chitarre acustiche, elettriche e basso. Il percorso ha inizio. Le percussioni africane di Said Ag Ayad richiamano cassa, rullante e charleston di una classica batteria, muovendosi però su ritmi lontanissimi da quelli occidentali. Il basso sostiene pieno le percussioni ripetitivo, sempre uguale con ritmi spezzati e che talvolta sfiorano il funky. Le chitarre acustiche si riempiono di riverbero e le elettriche graffiano, ripetendo all’infinito melodie africane. La voce morbida e pastosa canta poesia lirica che celebra l’unione tra un popolo e il suo ambiente, riflesso in dolorose circostanze collettive (la band in fondo è nata proprio nei campi profughi).

image002Con raffinata eleganza i brani si susseguono senza esplodere, una psichedelica ipnotica come una lenta e
costante litania sciamanica, mentre Alhassane Ag Touhami danza e si muove sul palco. Le canzoni sono quel vento che ha portato i Tinariwen a registrare nel deserto dell’Algeria prima, e in quello californiano di Joshua Tree poi, che si contaminano del mondo sfiorando anche il più classico pop americano dai colorati cori e la world music in stile francese. Tutto sostenuto da una costruzione musicale consapevole che ha portato la band alla fama internazionale, al Grammy, con Tassili, e alla stima del mondo musicale. Emmar gode infatti della collaborazione di artisti quali Josh Klinghoffer (Red Hot Chili Peppers), Matt Sweeney  (Chavez), Fats Kaplin e Saul Williams.

Lentamente i brani incalzano con ritmi tribali e balli ipnotici. Tra il palco e il pubblico si respirano palpabili vibrazioni che rendono gli ascoltatori artefici stessi della musica, battendo le mani, cantando e danzando. I musicisti muovono il velo bianco che copre i loro capi, sorridono e chiamano il pubblico. E i movimenti delle loro mani muovono fili invisibili che trasportano il pubblico in un sottile crescendo di gioia. La danza diventa un susseguirsi di salti che volteggiano il suono della Telecaster. I Tinariwen ringraziano, il pubblico anche, loro scendono dal palco e il pubblico acclama.

tinaCome antica tradizione USA i bis ricominciano con la ballata voce e chitarra che Abdallah Ag Alhousseyni intona in chiave tuareg. Cori perfetti e caldi si alternano in un finale potente in cui danze, battiti di mani vortici e ossessioni ritmiche giungono all’apice, incantando il pubblico con eleganza e trascinandolo in ampi e spumeggianti vortici. Tutti danzano, cantano e battono le mani, travolti dall’estasi ipnotica, in un tutt’uno. Nessuna esagerazione, nessun contrasto, nessuna banalità: “noi siamo questo – sembra dicano – e siamo felici di esserlo”. E i più di 700 presenti accorsi per questi uomini del mondo e del deserto sono felici che lo siano, attendendoli a fine concerto, ringraziandoli e scattando fotografie.


 

I concerti ben riusciti non si creano da sé, e nemmeno una band di altissima qualità può assicurare da sola un evento degno di questo nome. Dietro a ogni evento vi è il lavoro di professionisti che si interessano a cercare gli artisti e a investire per portarli nella propria città e rendere possibile a tutti di goderne. Abbiamo chiesto così Fabio Paolo Costanza, direttore artistico di Carroponte, di raccontarci i Tinariwen.

Gentilissimo Fabio Paolo Costanza, come hai conosciuto questa band? Li avevamo già ospitati nel 2010, quando c’era l’Arena Civica. Giunti quasi per caso in sostituzione a un altro gruppo, fecero un concerto dall’impatto potentissimo su pubblico e organizzatori. Un’occasione creata e colta al volo rimasta impressa nella memoria di tutti come uno dei più bei concerti mai fatti.

Cosa vedi nella loro musica? Personalmente mi piace moltissimo la loro proposta contaminata. Mi ricordano i Doors, che mischiavano attitudini blues a melodie e atmosfere oniriche. Un blues tuareg. Sì, hanno su di me lo stesso effetto ipnotico che avevano i Doors con altri codici.

Fabio Paolo CostanzaCosa portano i Tinariwen al programma artistico di Carroponte? Come dicevo, abbiamo un ricordo importante di loro e del loro concerto, che è quindi un piacere per noi ospitare nuovamente. Carroponte è un gioiello di architettura industriale, è un parco archeologico, una ex fabbrica riqualificata dedicata alla cultura e alle persone che vivono Milano. Lo spazio gestito da Arci Milano è un centro di aggregazione culturale che richiama migliaia di persone ogni anno realizzando da maggio a settembre più di 800 eventi. Cinema, show, cabaret e musica per giovani, esperti e famiglie per una cultura rivolta a tutti. Tinariwen si inseriscono così pienamente della linea editoriale del programma.

Come li ricordi? Li ricordo come persone estremamente riservate e silenziose…tranquilli.

Cosa ti aspetti da loro? La band ha cambiato degli elementi quindi sono molto curioso.

Tinariwen in una frase Blues ipnotico del deserto…è un gruppo della madonna!

Fotografie di Tommaso Maninfior

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