Dente – il concerto di Canzoni per metà

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Dente: il concerto di Canzoni per metà. Data zero alla Latteria Molloy 20 ottobre 2016 Brescia

“C’era un poetino sulla spiaggia/Scriveva sempre tanti fogli/Fogli pieni di parole/Poi prendeva questi fogli/I fogli pieni di parole/Ci faceva le barchette/Le appoggiava sopra al mare/E le lasciava navigare/Fine”: così sembrava tratteggiare il proprio ritratto Dente, al secolo Giuseppe Peveri, all’interno di Favole per bambini molto stanchi, raccolta di piccole favole sospese fra umorismo e surrealismo edita lo scorso anno da Bompiani.

Favole che oggi appaiono come l’ideale anticipazione di Canzoni per metà, nuovo disco che ha visto la luce lo scorso 7 ottobre per l’etichetta Pastiglie e prodotto dall’amico Andrea Appino degli Zen Circus: venti “barchette” dense di parole, mezzi di navigazione improvvisati come bozzetti fulminei lanciati nel mare forza nove della modernità, fra ritorni a sonorità acustiche che fanno felici i fan della prima ora (Canzoncina, Curriculum), sferzate accattivanti (Attacco e fuga, Appena ti vedo) e nuove gemme destinate a entrare nel miglior repertorio dell’artista (Come eravamo noi su tutte).

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A ospitare la data zero della nuova torunée è stata la bresciana Latteria Molloy, dove lo scorso 20 ottobre Dente è stato protagonista di una serata sospesa tra il nuovo lavoro e un repertorio che ha guardato al pubblico, che ha risposto massiccio alla chiamata dimostrando un forte legame con l’artista originario di Fidenza. Al calare delle luci, il set ha inizio con un occhio alla produzione più recente, con pezzi come Canzone di non amore e Piccolo destino ridicolo a fare da riscaldamento emotivo alla serata. Le canzoni per metà si insinuano poco a poco nella scaletta, con l’arrivo di Canzoncina, Noi e il mattino e Cosa devo fare, bozzetti impressionisti che ricordano l’immediatezza del Dente degli esordi, fra citazionismi cantautoriali e calembour allo stesso tempo sbilenchi e romantici, mentre Chiuso dall’interno, Fatti viva e Scanto di sirene tornano spietati a fare entrare in gioco i ricordi legati a Almanacco del giorno prima (2014) e Non c’è due senza te (2007).

Ma è al risuonare delle prime note di Beato me che il pubblico sembra esplodere di tenerezza e sarcasmo, con l’intero locale che si ritrova a cantare a squarciagola quello che è diventato un piccolo inno generazionale (“Dai l’acqua alla pianta dei sogni/che intanto io accendo il camino/Cammina vicino a me/ma non starmi vicino/Tutti i difetti che ho sono peggio di quello che pensi/Domani mattina avrò pezzi di te in mezzo ai denti”), seguìto da Baby Building che assesta il definitivo colpo affettivo ai cuori e alle storie d’amore del pubblico bresciano. Ma non c’è tempo per la smancerie, e subito si torna alle canzoni per metà con la struggente Senza stringerti e Curriculum, primo singolo tratto dal nuovo album, prima di un nuovo scossone emotivo aperto dall’evergreen A me piace lei e dilagato con Quel mazzolino e soprattutto l’intensa versione di Buon appetito, episodio cardine di L’amore non è bello (2009).

Tra un sorriso e una malinconia improvvisa, il concerto volge verso la fine mentre Dente e la sua band, per l’occasione i bergamaschi Plastic Made Sofa, servono sul piatto hit vecchie e nuove (I fatti tuoi, Giudizio Universatile, Saldati”) e nelle pause si trova persino il tempo di ironizzare sul Nobel a Bob Dylan prima dei bis finali, che culminano con Vieni a vivere, melodico manifesto alla ricerca di piccoli, solidi gesti quotidiani che restituiscano umanità ad una generazione liquida che, attraverso le barchette del poetino sulla spiaggia, cerca un approdo di felicità.

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