Davide Sgorlon: il fingerstyle dettato da originalità e sperimentazione sonora

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Il chitarrista veneto è alla sua prima partecipazione al noto festival franciacortino. È stato lui il primo artista della manifestazione chitarristica ad esibirsi e lo ha fatto con grande stile, creando atmosfere quasi surreali che hanno coinvolto ritmicamente ed emotivamente il numeroso pubblico che ha gremito il cortile della Pieve di Santa Maria di Erbusco.

Chitarrista, compositore, fonico, movie maker, sono tante le sfaccettature artistiche di Davide e abbiamo parlato proprio di questo prima della sua esibizione.

Quando nasce la tua passione per la musica e, più in particolare, per la chitarra?
Iniziò tutto quando mio fratello tornò a casa con una chitarra, io avevo solo sei anni, e da subito notai di essere molto portato per questo strumento. Inizialmente portai avanti questa cosa più per gioco; in seguito, durante il periodo delle scuole medie, iniziai a prendere lezioni da insegnanti privati e successivamente, attorno ai quattordici anni, presi le prime lezioni di jazz. Il periodo delle scuole superiori fu condito da diversi generi, dal blues-rock all’hard rock. Dal 2001 iniziai a lavorare solo in acustico, inizialmente con un quartetto composto da chitarra acustica e tre voci, una formazione atipica con la quale potei mettere in pratica, anche compositivamente, i precedenti studi. Successivamente con l’aiuto di Domenico Brioschi, organizzatore della rassegna musicale ‘Un Paese A Sei Corde‘, iniziai ad esibirmi da solo in acustico e ne fui molto soddisfatto. Da lì iniziò tutto, conobbi un ambiente molto sano e stimolante, sia musicalmente, sia per le persone che ne fanno parte.

L’anno scorso è uscito Crossover, il tuo primo album da solista. Quali sono gli ingredienti principali di questo tuo lavoro?
Nel titolo dell’album c’è già la riposta. L’ho voluto chiamare Crossover perché mi piace ascoltare tutta la musica, in particolare quella etnica che ho avuto la possibilità di ascoltare quando ho girato diversi paesi del mondo per motivi di lavoro. Ho rielaborato ciò che ho ascoltato negli anni in giro per il mondo, creando nuove tecniche personali che ho inserito nel disco. Quando mi si chiede che genere suono io rispondo che suono la chitarra acustica, proprio perché nella mia musica si trovano riferimenti a tantissimi stili compositivi, non riesco a dare una definizione se non quella di ‘chitarra acustica contemporanea’.

Come assegni un titolo ad una tua composizione?
I titoli li attribuisco in base alla musica e questa è la cosa più difficile da fare. Il titolo deve rappresentare alla perfezione il brano, non dev’essere una semplice cornice e non è detto che lo si debba attribuire per forza. Possono esserci brani, come due che suono ai miei concerti, che non hanno ancora un titolo e non so se mai ce l’avranno.
Tutto parte dalla musica; ad esempio, un mio brano si chiama Time e inizia con degli armonici che simulano il ticchettio delle lancette di un orologio, quindi in questo caso il titolo è nato immediatamente. Un altro brano si chiama Diaz 2001 Don’t Forget perché credo che in quel momento sia venuta meno la democrazia italiana. All’epoca quel fatto mi scosse particolarmente quindi ho scelto di ricordarlo con una mia composizione.

Nelle tue composizioni si percepisce un modo alternativo di usare lo strumento. Qual è il tuo obiettivo?
Da quando ho iniziato a suonare la chitarra acustica da solo, inseguo un suono che, pur facendo fatica a spiegare, sento dentro di me e so benissimo qual è. In qualche momento riesco a coglierlo, a riprodurlo sullo strumento ed, in questo caso, do vita ai brani che sento più ispirati, equilibrati, che suono con maggior coinvolgimento.

Per ricreare le atmosfere del disco utilizzi strumentazioni particolari durante i tuoi concerti?
Visto che provengo dal blues e dal jazz, durante i concerti cerco sempre di ritagliare uno spazio per l’improvvisazione. Lavorando in accordatura aperta, non è un lavoro semplice, ma sto approfondendo lo studio di queste accordature. Per ricreare le atmosfere del disco uso una loop station, andando quindi a sommare diverse tracce di chitarra. Questo mi permette di creare atmosfere ogni volta differenti ad ogni concerto.

Oltre alla musica, hai altre passioni?
Parallelamente a quello di musicista, faccio il lavoro del fonico, mi occupo di post-produzione televisiva da circa quindici anni. Per diversi anni accantonai l’attività di musicista e proprio in questo periodo mi dedicai alla composizione di musiche per la televisione. Questa attività mi permise di entrare in contatto con persone che mi hanno permesso di arricchirmi professionalmente e musicalmente. Le musiche venivano sia create e riprodotte tramite i comuni dispositivi oppure venivano eseguite da me totalmente dal vivo.
Grazie a questo lavoro ci si accorge che le immagini possono essere suonate, interamente rappresentate attraverso la musica. L’immagine ha un suo ritmo, ha un suono che corrisponde a un colore, ha una lunghezza, un’intensità.
Avendo lavorato anche su documentari, ho avuto la possibilità di girare il mondo e questo ha avuto una notevole influenza nella successiva scrittura dei brani.

Quali sono i tuoi progetti futuri?
Ho tantissimo materiale pronto, addirittura per due cd. Ovviamente il lavoro che precede l’effettiva registrazione del cd, è molto lunga; ogni idea dev’essere rivista, analizzata, pulita, riascoltata e di nuovo smembrata. Sto suonando live un paio di questi nuovi brani perché credo che ogni composizione debba acquisire il proprio carattere ed il suonarlo dal vivo fa sì che io riesca a capire quali sono i punti deboli da eliminare o modificare ed i punti di forza da sviluppare e perfezionare.

Contatti

Visita il sito ufficiale di Davide Sgorlon.

Visualizza la Photo Gallery del concerto di Davide ad Acoustic Franciacorta.

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