Resistenza, migranti e gitani: il concept album del bresciano Alessandro Sipolo è una commistione di sonorità folk, country, latine e gitane che ben si coniugano con il filo conduttore che lega i dodici brani dell’album, ovvero il viaggio, l’andare.
Ho avuto il piacere di poterlo ascoltare più di una volta dall’uscita di “Eppur bisogna andare” (2013), durante le numerose date che sta collezionando qua e là sul territorio bresciano. Che sia in duo acustico, con l’amico e chitarrista Omar Ghazouli, oppure accompagnato dai Gugoon Shaff, estrosa band nostrana, di cui Ghazouli è fondatore, Sipolo ha valicato i confini provinciali, assaporando partecipazioni a festival importanti, quali l’Acoustic Guitar Meeting di Sarzana e il Tenco Ascolta. Nel 2013 è tra i sessanta giovani finalisti in gara al Festival di Sanremo. Nel 2014 vince il premio “Beppe Gentile” per il miglior album d’esordio, aprendo concerti a band prestigiose come la “Bandabardò”.
La produzione artistica dell’album è stata affidata a Giorgio Cordini, noto compaesano di Alessandro, chitarrista di De Andrè, fondatore e direttore artistico di Acoustic Franciacorta, illustre festival estivo dedicato alla chitarra acustica.
Questo ragazzo dai capelli biondi, nato e cresciuto tra i vigneti e i fossi della periferica Provaglio d’Iseo, mostra una maturità sul palco non scontata, una consapevolezza di sé stesso, della propria musica, ma soprattutto di ciò in cui crede. Poche sono le parole che introducono i brani, sufficienti però a rivelare quanto spessore umano ci sia in questo ragazzo dal sorriso onesto e cordiale e dagli occhi sinceri. Che siano forse stati i suoi viaggi in Sud America ad avergli dato quella gioiosa sicurezza verso l’altrove, quell’amore per le genti, per la convivialità, per il piacere del nuovo, dell’andare?
Dai suoi occhi chiari traspare l’ingenua meraviglia per il mondo che ha visto e per quello che ha ancora da scoprire.
Ha una voce calda, sicura, sensuale e avvolgente, ma a piccoli tratti quella sicurezza lascia intravedere una timidezza appena accennata, nel suo reclinare il capo mentre parla di sé, nei sorrisi impacciati o nel suo distogliere lo sguardo dal pubblico mentre racconta senza riserbo dei suoi viaggi e di ciò che ama.
E il viaggio comincia… “Time for Leaving” parla di partenze obbligate e amare da una terra che non è capace di offrire un futuro. Risuona la necessità di partire, forse per poter continuare a vivere “Com’ è il sapore dell’inutile mischiato alla routine che si divora i giorni?” addolcita però dal sapore di un arrivederci più che di un addio definitivo (almeno per ora, come sottolinea spesso lo stesso Sipolo) “Sarà la libertà di perderti a donarmi un’altra volta il gusto dell’amarti…”.
“Malatesta” è la seconda traccia dell’album, il cui protagonista è proprio l’anarchico Errico Malatesta, rivoluzionario e soprattutto grande viaggiatore. Poco ricordato nei libri di storia ecco che Alessandro ne propone un proprio omaggio.
Ascoltando “Kamikaze”, è impossibile non notare l’influenza delle sonorità di De Andrè, ma ciò che colpisce ancora di più è l’anno di stesura, un testo critico e potentemente incisivo scritto da un adolescente agli albori della guerra in Iraq.
“Domingo” ci trasporta nella musica gitana, una rumba sensuale che esprime tutto il suo amore per le genti rom. “Migranti” e “Migranti (talk)” provengono da lontano, dal Perù, dal Sud America. Il viaggio continua, assumendo qui i colori e le lingue dei migranti che travalicano confini, o a volte solo muovendosi da una regione all’altra del loro Paese.
La chitarra del maestro Ghazouli ci trasporta poi lungo le rive della Garonna, a Bordeaux, e il frutto “MagiaBordeaux” è di nuovo un inno al viaggio, questa volta spensierato, istintivo, assetato di nuove scoperte, di nuovi volti. “Bordeaux, Bordeaux profumo di danza e di sacco a pelo farcito a speranza…”. “Per strada”, raccoglie tutte l’energia Sudamericana e direttamente dal Perù, dove è stata registrata, ci racconta di incontri che colorano la nostra vita, seppur brevi e fugaci. Difficile non lasciarci trasportare dall’amplesso gioioso tra musica e parole.
“Resistensa” rimanda alle esperienze vissute e respirate nelle sezioni ANPI e soprattutto grazie alla conoscenza con Lino Pedroni, partigiano Modroz. Non poteva che essere scritta in dialetto perché quella era la lingua dei partigiani bresciani, con la quale ancora oggi abbiamo la fortuna di sentire qualche storia, qualche ricordo. In italiano non avrebbe avuto la stessa autenticità e lo stesso crudo realismo.
“Ninna nanna a un amore” è una perla che racchiude in due minuti la doverosa presa di coscienza di un amore finito. Intensa e lieve allo stesso tempo, rivela come sia necessario per ognuno essere in grado di riscoprire la “meraviglia dell’esser soli…”
Con “Periferica” ci si avvicina alla fine dell’album, e forse al ritorno a casa, nella campagna nella quale è cresciuto e che, in quanto casa, è ancora capace di attirare verso di sé.
Con “Saturday night fever”, brano cantato in inglese, il “nostro” viaggio volge al termine.
Non è certo un caso che alla mescolanza delle sonorità si sia aggiunta la mescolanza delle lingue, francese, inglese, spagnolo, dialetto. In cantiere per questo 2015 nuove canzoni, nuovi progetti, e un nuovo album, per un ragazzo che ha sempre più sete di esperienze, scoperte, collaborazioni.
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Foto: Lionel Abrial